12 ottobre 2006

[Dall'isola pantersca] Diario Pantesco

Sabato

Ci provo a dormire, ma come fare? I pensieri sono tanti, alcuni sono freschi, e sanno ancora di labbra baciate, di seni accarezzati e di sguardi da vicino così da vicino da sembrare più profondi di qualunque rapporto si possa avere. Nasce così la mia ultima notte prima della vacanza, piena di pensieri freschi e di pensieri congelati, che alla mattina alle 520 cominceranno il loro lento "defrozen". Suona la sveglia, ma a quell'ora sono già in piedi, umido e senziente. So esattamente cosa fare, tutto è stato programmato e la mi partenza non lascerà a casa niente di essenziale, ma tutto quello che mi servirà verrà con me. Porto tutte cose che non potrò lasciare nell'isola e che mi riporterò a casa. Pensate che forse possa succedere il contrario? E io cosa gli potrei portare che non hanno già? Forse la mia bella faccia vale di più di un tramonto o le mie parole cosa sono di fronte ai millenari grazie della gente passata di là?

Sono fuori che aspetto e non vedo arrivare nessuno. Dovrebbero venire a prendermi. Quando si è in anticipo si vorrebbe che anche gli altri lo fossero e quando si è in ritardo pure, ci cerca sempre di vivere situazioni in cui ci si possa incontrare al momento giusto, nel posto giusto. Quante volte siamo arrivati un attimo prima e nell'attesa abbiamo cambiato idea? Non oggi, no. Non se ne parla di cambiare idea. Approfitto del tempo in più, quei dieci minuti guadagnati alla sveglia per farmi la doccia, per andare a cercare parcheggio. E' la prima volta che cerco parcheggio alle cinque di mattina e sono cazzi. Dovendo spostare l'auto perché in mancanza di soldi per pagare la multa al ritorno, giro tutt'intorno al quartiere e poi, trovato un buco nel punto meno in vista e più lontano da casa mia me la dò a gambe, perché io non voglio arrivare in ritardo, voglio essere la persona giusta al momento giusto, quando verranno i miei compagni di viaggio a prendermi per andare all'aeroporto. Li faccio entrare in scena ora, giustamente le prime luci le ho volute per me. Ora, vi faccio una domanda: con chi sarebbe meglio non andare in vacanza? Scartate le persone che non sopportate, troppo banale, scartate i vostri genitori, scontato, scartate tutti quelli che non conoscete e cosa rimane? Non so voi, ma a me rimangono i genitori della ragazza del mio migliore amico. Non sto scherzando. Qualcuno si è divertito a prendermi in giro, qualcuno mi ha detto che non era proprio il caso, visto e considerato che mi adorano e che la figlia è bellissima e che tra il migliore e la bellezza ogni tanto volano oggetti non identificati. Ma che ci posso fare? Spiegare come è nata la scelta di partire insieme è una domanda difficile da rispondere, pari a quelle del tipo: dove andiamo, perché siamo al mondo.. eccetera eccetera. Quindi lascio ad ognuno di voi il compito di andare indietro nel tempo e di arrivare al punto in cui è nata questa pazza idea. Nel vostro viaggio attraverserete serate passate a fare apnea con Alessandro, a mandare sms alla ragazza con quel senso di: Alessandro capirebbe?, alle serate passate a casa di Giovanna e Giorgio a mangiare il gelato a ore impossibili e, sempre, prima di avere mangiato qualunque altra cosa. Ecco in questo mio mondo, fatto ma proprio fatto, è nata la pazza idea di una vacanza a tre. Mentre sto scrivendo la storia è andata avanti e mi trovo a fare il check in. Per fortuna che c'è Giorgio che oltre alla valigie prende in mano anche la situazione e mi consola con i biglietti in mano. C'è lo fatta! La mia prima prenotazione via internet è andata bene. Non avevo dubbi solo poca fiducia. La vita si prende sempre la briga di non reinventarsi del tutto e quando può riutilizza scene già collaudate, come quella di quando sei al confine e ti manca la carta d'identità e devi tornare indietro. Si lo so, non è la stessa situazione, ma che importa? Tutto riaccade sotto mentite spoglie, come dicevano gli antichi, niente di nuovo sotto il sole.




Stiamo per salire e abbiamo in tre già 4 quotidiani, che si riveleranno particolarmente utili al ritorno per avvolgere le bottiglie di passito. Il mio amico Giorgio è un lettore nato e sono sicuro che se saltasse in aria il mondo a lui non gli si romperebbero gli occhiali come allo sfigato di "Ai confini della realtà". Lasciamo la fine del mondo per un'altra volta. Mi allaccio le cinture e parto per la Perla Nera del Mediterraneo. Non vorrete che vi racconti il viaggio da Trieste fino a Pantelleria spero! Però un giorno spenderò un due parole per spiegare che cosa provano i ragazzi di Palermo quando guardi con l'occhio clinico la loro ragazza che con naturalezza porta a spasso le sue gemelle. Ho voglia di arrivare, ho voglia di baciare come giovanni paolo secondo il suolo nero pantesco e in particolare, secondo il mio stile, la pelle pantesca, possibilmente abbronzata e giovane.
Sono appena sceso dall'aereo e mi dicono che non posso fare foto. E allora che cazzo sono venuto a fare? Gli dico che io un tramonto così non l'ho visto mai e la ragazza in uniforme, abbagliata dal mio viso candidamente biancastro, mi risponde che avrò tutto il tempo per farlo fuori dall'area militare in cui mi trovo. Io le credo, faccio un altro scatto, ma la guardo negli occhi e le credo.
Sono finalmente in camera, come mamma mi ha fatto. Guardo le pale del soffitto che girano e mi alzo in piedi per spegnerle. Non fatemi girare la pale, ho pensato, visto che c'è il condizionatore usiamo quello. Imposto la temperatura sui 20 gradi. Di notte mi alzerò con il mal di gola, ma chi se ne frega, adesso sto in un'isola al caldo dentro una stanza fresca, cosa vuoi di più dalla vita? Una settimana da vivere, ho pensato... e allora porto la temperatura a 23, che lascerò fino all'ultimo giorno. Sono arrivato, ho portato con me sono cose materiali, nessun pensiero, nessuna idea, sono profondamente vuoto, come una spugna appena comprata.

Domenica

Sarà stata la stanchezza del viaggio o forse la lontananza dal mio mondo di tutti i giorni così iper attivo, non so spiegarmi altrimenti come ho fatto a dormire così bene. Cosa che non mi ricapiterà più, nei giorni avvenire le notti mi sembreranno lunghissime, farò un sacco di cose nelle notti seguenti e tutte queste disteso su di un letto a due piazze con la luce magica della notte che non arriva ma che ti sembra di vedere da un momento all'altro. Vi capita anche a voi? VI svegliate quando manca molto all'alba eppure se guardate il cielo vi sembrerà di scorgere i primi segni del risveglio del sole. Ne siete certi, almeno stando a quella luce che sembra nascere all'orizzonte. Così sono state tutte le mie notti nell'isola, una luce che qualche cosa di bello stava per nascere ancora prima che nascesse, la sensazione che la vita stesse per esplodere da un momento all'altro e io volevo esserci fin dall'inizio! Le mie notti passate a non pensare a niente, affidate esclusivamente ai miei sensi di animale fuori dalla sua tana. Gli animali non vanno in vacanza, ma se ci andassero vivrebbero di più: saprebbero la differenze che c'è tra sopravvivere e vivere sopra, tra preoccuparsi e occuparsi per qualche cosa di nuovo, tra sorvegliare e vegliare sopra... come sto facendo io, su questo ancora candido letto bianco.

E' domenica, giorno del Signore, in cui si riposò e, nello stesso tempo, fece riposare gli altri. Perché io alla domenica non voglio fare assolutamente niente e ora che sono in vacanza su un'isola mai vista prima, nemmeno nelle carte geografiche, devo trovare il modo per assecondare questo senso atavico del domenicale dolce far niente. Decido di prendere il primo passaggio per Pantelleria, che ha lo stesso nome dell'isola, come Rodi, la mia ultima vacanza isolana, e portare per le sue viuzze il mio niente. Mi farò trasportare dall'amabile profumo che pervade ogni via e ogni dove e starò al suo gioco: utilizzare tutti i sensi, ma in modo che vengano eccitati uno alla volta e mentre uno è sotto tiro gli altri devo capire da che parte arriva la sensazione. Parto assieme a Giorgio e mentre mi sistemo nel pulmino, mi arrivano già i profumi della cucina. Il gioco è già iniziato prima del previsto, e io seduto su un treno che ha già preso la sua destinazione, guardo la stazione che si sta allontanando da me e cerco tra i profumi di pesce spada e spaghetti alla calabrese, il suo odore. L'ho vista la sera prima a cena, è la donna perfetta per un uomo maschio che ha una vita sentimentale pari a quei bazar africani pieni di qualunque cosa, io che invece amo il negozio dedicato! Chiudo gli occhi e la penso e per un attimo la rivedo, non so se capita anche a voi di riuscire per una frazione di secondo a materializzare nella vostra mente l'immagine della persona a cui stavate pensando. E la immaginate talmente bene che se quell'attimo durasse il tempo di farvi uno schizzo su un foglio di carte avreste una foto. Mi sono sempre chiesto perché la mente gioca a nascondino con noi, ci fa rivedere episodi bellissimi della nostra vita, ma poi li tiene nascosti per gran parte del tempo, lasciandoci solo un vago ricordo. L'importante comunque è stata rivederla e appena tornerò a pranzo rafforzerò questa sua immagine con altri particolari. Non ricordo se è alta o magra e che misura di seno porta. E poi devo accertarmi che mi abbia visto, voglio incrociare il suo sguardo e fissarla quel tanto che basta, come dicono i libri di psicologia, per riuscire ad oltrepassare la retina e arrivare direttamente al cuore.

Lo scossone del pulmino in partenza mi riporta alla realtà, guardo Giorgio che mi sorride, guarda gli altri che mi sorridono, guardo la natura che mi sorride, sono io al centro dei sorrisi, ho rubato la scena, ma poi, giustamente, la ridò all'isola con i suoi colori, le sue strade che la solcano come chi passa tra la folla facendosi solo lo spazio necessario, con il suo mare ricco di blu che si perde nell'infinito e con lui il tuo sguardo. Abbiamo due ore di tempo per visitare il centro principale di Pantelleria, ho sempre la mia panasonic in mano e questo tempo lo farò diventare eterno, potenza della fotografia! Non ricorderò a fine vacanza di come sia riuscito a fare oltre milleduecento foto, però una cosa è risaputa: io ho il clic facile. E siccome non mi va di perdere tempo al computer rielaborando le foto, tagliando ruotando colorando, cerco di fare tutto con la mia digitale; ecco allora che la foto del vecchio che si fuma la sigaretta davanti ad un fiorino arrugginito per l'aria troppo salmastra dell0isola, lo ritraggo provando e riprovando ad avvicinare ed allontanare lo zoom, mentre guarda verso destra e mentre guarda verso me, in bianco e nero e a colori, mi sembra di essere un novello Andy Wharol. Le foto sono uniche anche quando ritrai una persona che si è messa in posa, perché se ne fai due e le guardi da vicino trovi delle differenze importanti: a volte basta l'angolo della bocca leggermente diverso per propendere verso un "come sono felice questa mattina" oppure verso un "che cazzo di vita". Anche i particolari fuori dal soggetto sono determinati per una buona foto: se in quel momento passa la figa in minigonna allora interpreti il sorriso alla prima maniera, se invece il paesaggio si sofferma sulle solitudini che un isola porta sempre con se allora sei più propenso a pensare che in effetti quella vita, a settant'anni suonati possa concludersi anche con la sensazione di aver fallito.

Riprendo la via del ritorno e con Giorgio ci capiamo al volo: caffè! Entriamo nel bar più vicino e aspettiamo il nostro turno. Non posso che guardarmi in giro facendo ruotare il mio sguardo attorno alla commessa: è lei il centro di tutto il locale. Alla sua sinistra ci sono delle buone pastine tipiche, alle mandorle, ne assaggerò una così gustosa che il mio cervello le riserverà un posto d'onore nella tribuna vip dei Very Interesting Product della mia vita. Proseguo con gli astanti che stanno aspettando di pagare alla cassa, hanno lo stesso sguardo concentrico che ha il mio, solo che loro sono da più tempo di me qui e il loro occhi hanno ormai fatto sosta sulle avvenenze della proprietaria. Poi guardo il mio amico che cerca di capire quando è il nostro turno per ordinare; vicino a lui altri personaggi dell'isola - scuri come le rocce vulcaniche, bassi come i vitigni di passito, solari come questi raggi africani - aspettano il loro turno; prima di tornare alla commessa butto l'occhio all'interno di uno stanzino, da dove presumibilmente escono le delizie che abbiamo sotto gli occhi e vedo un'ombra muoversi. Allora capisco tutto, capisco di aver sbagliato immagine: non un cerchio commessa-centrico, ma un ellisse dove lei è uno dei fuochi. L'altro opera nell'ombra e non riesco a vedere se si tratta di un uomo o di una donna. Nella vita c'è sempre un uomo dietro le fortune di un altro uomo, il primo non lo si vede mai, il secondo lo si vede sempre. Quando il secondo è una ragazza brutta sai che chi manovra nell'ombra è la madre che fa il lavoro sporco senza chiedere nulla, ma se nel caso in esame la persona è esageratamente efficace esteticamente intravedi in quell'ombra la presenza del maschio, fidanzato, marito, amante e allora capisci che non ti resta altro che ricacciare la tua fame su quei dolcetti che ti chiedono di non pensare.

Torniamo al villaggio e, nonostante un dolce in fase di metabolizzazione, la fame rimane tanta, quella che si rivela come desiderio di cibo, ma che in realtà è un intreccio di voglie. E la mia prima di queste voglie è rivedere la cameriera, la solare, splendidamente acconciata, serva della tavola e per analogia, serva del sesso. CI diamo appuntamento, con Gianna e Giorgio, all'ora che diverrà solita, le dodici e trenta, e come un film non faremmo mai tardi, sempre nei posti migliori, nessuna scena tagliata, tutto subito. Aggiro il mio sguardo tra i tavoli, ma della cameriera nessuna traccia. Ho un brutto presentimento. Mi concentro sul cibo, sulla conversazione, guardo altre cameriere per distrarre i miei pensieri, ma il tempo stringe e il film sta per finire senza che io abbia ancora visto la protagonista principale. Mi offro volontario per andare a riempire la caraffa di vino, per andare a prendere la frutta e poi il dolce. A questo punto mi faccio venire l'illuminazione: vuoi vedere che oggi è il suo turno di riposo? Deve essere senz'altro così. Cosa potrebbe essere altrimenti? Sì, oggi lei è a casa che si sta riposando e sta pensando a me e si sta struggendo dall'idea che dovrà passare ancora un lungo giorno prima di vedermi. Senz'altro così. Mi metto il cuore in pace, riprendo a guardare i miei amici, togliendo lo sguardo da quello strano soffitto scoperto di tende da cui da oltre due minuti mi stavo assurdamente concentrando. Come è bella la vita che sa uscire dalle situazioni più difficili solo con la forza del pensiero. Potente, basta cambiare prospettiva e tutto diventa di un altro colore, si passa dal nero più cupo al rosa e con un pò di sforzo all'azzurro più bello, quello del desktop di Colline di Windows xp, tanto per intenderci.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Decisamente un Fabio che non conoscevo, che sotto un'apparenza calma e riflessiva nasconde un, oserei dire, INFUOCATO interesse per le donne, la loro femminilità e la loro bellezza...chi l'avrebbe mai detto?
Ebbravo Fabio! :)