23 novembre 2006

Rodi

Apro gli occhi e mi ritrovo addosso la gente in attesa di partire, una grande finestra sulle bianche carlinghe degli aerei di passaggio mi fa ricordare l’impalpabile sabbia raccolta come souvenir in un locale lunga la romea, agli inizi di quest’estate. Una vecchia sembra guardare oltre me, rendendo invisibile il mio senso di esistere. Ma è un attimo, alla chiamata del check in mi sento di nuovo carne, brivido, emozione, di sicuro gli unici bagagli che non mi sono lasciato a casa.

Cazza la randa! L'avventura ad Afandou si tinge d'azzurro, colore del mare pulito e del cielo riflesso. Cazza la randa! Maestro non so niente di vela e tu mi dai la randa, non so dove andare e tu mi dai il timone, non so come ringraziarti e tu mi inviti a tornare. Cazza la randa! Che sento? Laggiù là in mezzo alla spiaggia un uomo fa manovra su una barca incagliata, non c'è onda non c'è acqua non c'è nessuno. Lui ha gli occhi che puntano lontano, guarda me, ci vede una nave andare lontano e io, di rimando nei suoi, la bianca scia di un faro.

Usciamo di mattino presto, io gli uccelli e le capre.
Che afa - dice il corvo alla capra - sono sempre così nero..
Ti lamenti tu - risponde la capra - che dovrei fare io con tutta questa pelliccia che madre natura m’ha appioppato per ogni stagione?
Li convinco a scambiarsi la pelle e il giorno dopo mi metto a cercarli. Il corvo vola tenendo lontano i raggi da sole con il suo pelo bianco, mentre la capra senza pelo saltella leggera. Ma il caldo incombe e il corvo ha sete, s’avvicina ad una pozza, l'acqua inzuppa il suo pelo, si appesantisce, si rialza, ma il suo volo basso lo precipita tra le spume del mare ventoso del nord. La capra s’incammina lungo il sentiero, prende una scorciatoia, si infila in un pertugio con dei rovi, ma una spina le taglia il fianco. Il dolore la ferma vicino ad un nido di corvi.

Rodi old town. Varco l'ingresso alla ricerca del cuore della città, ma le luci dei negozi sono puntate sui preziosi, sulle decine di turisti che fanno la fila per la bellezza esposta. Filo via ai gufi dorati, sfuggo agli occhi portafortuna, passo attraverso migliaia di anelli, bracciali e collane. Mi vesto e mi svesto di tutto il merchandising, fino a che, senza peso alcuno mi inerpico leggero su una strada al buio: davanti a me il tesoro di mura, torrioni, minareti, splendori antichi, l'immagine immaginaria di due enormi lancette d’orologio serrate dalle mani di un bimbo è il benvenuto per questo emozionante spettacolo senza pubblico, senza riflettori, senza applausi.

All'estremità della sua corsa il sole mette un sigillo ai ricordi …
Lui è lì fuori, osserva le stelle del cielo come un prato di fiori incalpestabili. E’ un attimo, lei, come stella cadente, s'infila dritto tra le sue labbra socchiuse”.
…e torna il sole su questa magica notte.


[riduzione del diario scritto nell'agosto del 2003]

Nessun commento: