06 febbraio 2011

Libri

Negli scaffali della mia libreria tutto è in disordine. Gialli accanto alle black comedy, videocassette sorrette da pile di dvd, giovani e vecchi, alle prime armi oppure già navigati come i fogli di pari risma e cofanetto di decenni di corrispondenza giacciono uno sull'altro a rotazione.
La casa è un coacervo di spartiti scritti prima ancora di essere suonati, lo sanno i miei ospiti a cui servo più o meno le stesse cose da anni, mi devo costantemente allungare sopra la cappa per i libri di cucina tant'è che oramai ho imparato a sopravvivere con i pochi sapori che riesco a ricordare.
Con la Bibbia benché stia sul comodino, non è più facile, si impara a convivere con l'idea che con gli anni ciò che è a portata di mano perde facilmente visibilità, si confonde e diventa parte di un paesaggio a cui non si da più importanza.
Amo la musica con la stessa intensità di chi non la ama, la canto con lo stesso piacere di chi vuol far ridere la gente e prima ancora vuol divertire se stesso, abbondano i canzonieri di canti ormai fuori moda, come la mia chitarra, un legno che suona storto, come fosse parte di una natura talmente perfetta nella sua sostanza da risultare finta. Verità è che a casa mia non c'è un solo centimetro libero per un lettore mp3. A onor del vero però le parole scritte e non lette sono il mio rifugio silenzioso, la penna, quel misero mezzo per un fine di somma consolazione, risuona muta tra le pagine dei mie diari. Li porto spesso con me, nascosti nel fondo di una sacca, a tracolla quando esco di casa, il marsupio per pensieri che rimangono sempre bambini. Il giorno in cui morirò me li terrò come cuscino, così la mia storia personale e quella raccontata se ne potranno andare insieme, a memoria di una vita scritta per essere vissuta, prima ancora di essere raccontata.

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