13 gennaio 2007

Risotto ai cavoli

Le ricetta non è difficile,
non serve neanche ricordarla tutta,
basta cuocerla col fuoco
che ci portiamo dentro,
quell'orgoglio di essere uomini
prima ancora di essere cuochi.


Si prendano dei cavoli lessati
li si metta a rosolare in padella con del burro
si aggiunga poi il riso
per tostarlo per un paio di minuti.
Poi si aggiunga una spruzzata di vino bianco
fino a farlo asciugare,
il brodo
e, a cottura ultimata,
burro, prezzemolo, pepe e parmigiano.


Non basta seguirla a puntino
per assicurarsene la riuscita.
Gioverebbe,
ma ad ognuno trovare
l'occasione
- la mia è stata questa -

dico gioverebbe ad esempio cominciare
con un pomeriggio di merda.
E metterci dentro tutto quello che
si è sempre tenuto lontano,
tutto quello che non ci ha mai fatto bene,
avere lo stomaco vuoto di cose buone
[per i pessimisti]
o pieno di cose cattive
[per gli ottimisti].
Questo è l'inizio.
Da una situazione così però

non ci si mette ancora ai fornelli,
perché ci si trascina,
anche se non siamo tutti uguali,

da un luogo all'altro come un automa
che
ha ricevuto poche e stupide istruzioni,
ci si mette sul divano sotto una coperta sperando
di sentirsi come dentro ad una corazzata,
ci si aspetta qualche cosa di bello
da un momento all'altro,
ma questo continuo aspettare
invero ti uccide l'anima.
In queste condizioni qualunque ricetta
rimane una ricetta qualunque
e ogni velleità di sentirsi cuochi
svanisce come una spruzzata di vino bianco.
Ma, in tutte le storie c'è un bivio,
un ma, un evento poco probabile, ma possibile,
ma, dico, se rimane in noi un pizzico di fuoco sacro
allora basta una bavisela
e quel pomeriggio di merda se ne va,
quella spruzzata di vino bianco se ne va
senza prima aver lasciato una scia di ottimo profumo.
Per quello che ho visto nella mia misera vita,
quel fuoco sacro non muore mai,
anche in un pomeriggio di merda
come questo che è stato per me, anche in questo sì.

1 commento:

Anonimo ha detto...

i cavoli mi fanno schifo, meglio la merda!