27 dicembre 2006

Sono cresciuto dentro un mezzo di trasporto

Agli inizi c’era l’automobile, un perlaceo maggiolino, niente plastica, tutto acciaio e robustezza. Mi ci nascondevo così bene dentro, in qualche anfratto nei sedili posteriori, che a tutt’oggi è uno dei più vivi ricordi del mio essere stato piccolo. L’abbiamo rottamato perché non gli entrava più la terza. Rimangono pochissime foto, all’epoca in cui le auto erano più sostanza che apparenza questo è perfettamente giustificato.

Poi è venuta la corriera. Come una strada stretta il giorno di mercato, mi ha sempre messo a disagio. Per fortuna ho potuto scegliere, tra le tante che affollavano la piazza del mio paese alla mattina, una di colore arancione, assomigliava più ad un autobus; c’era un certo spazio a fianco dell’autista che avevo fatto mio. Lì stavano le mie cose: la borsa, più lunga che altro e il mio giubbotto. Un giorno mi sono anche cambiato di vestiti lì, tra le pedana per entrare e l’obliteratrice, per la gioia di una ragazza a cui piaceva stare davanti come me.

Crescendo, la vita mi ha portato ancora più lontano dalla mia città e lo ha fatto col treno. Tutt’ora, mentre sto scrivendo, posso vedere le case sul retro, gli alberi correre, il passato e il futuro. Qui ho fatto moltissime cose, ho dormito, ho mangiato, ne ho lasciato i rimasugli un po’ dappertutto. Ho scritto, ho letto, ho studiato, ho guardato, mi sono fatto guardare. Ho sognato, ho pregato, ho pianto, ho sperato, mi sono incazzato, ho avuto paura. Sono diventato esigente con gli anni, mi piacciono le carrozze silenziose, calde, grandi, i sedili non infossati, con quelle alette su cui appoggiare la testa quando mi prende la stanchezza.

Per andare lontano mi sono mosso qualche volta in aereo. A diecimila metri perde il fascino della sua velocità, fosse per me lo farei volare più basso, a volo radente, appena sopra qualche arteria autostradale, in mezzo alle colline, vicino ad altri aerei.

Ma il pezzo migliore, quello che a seconda degli accessori, vela, remi, motore, pedali, ti fa fare sempre nuove esperienze, è la barca. Sognare. Sarà perché andare in barca non è avere i piedi per terra o sarà perché è stato il primo mezzo che l’uomo ha avuto per spostarsi velocemente, quell’insieme spesso artigianale di assi di legno è davvero la culla per l’umanità che si sposta, è l’immagine di chi ritorna nel ventre materno.

Mi manca il sommergibile! Ne avevo uno quand’ero piccolo. Ho sempre pensato che me lo avessero regalato rotto, perché quando lo mettevo in acqua non andava a fondo. Credo di averlo conservato ancora in soffitta, da qualche parte, vicino al triciclo, ai pattini, allo skateboard, a tutte quelle cose della mia vita che mi hanno portato da qualche parte.


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